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20 dicembre 2011

La gara tra chi nega la presenza della mafia a Milano non si è ancora conclusa.

La gara tra chi nega la presenza della mafia a Milano non si è ancora conclusa. Le regole sono poche e chiare. L'obiettivo è di tranquillizzare i cittadini milanesi, comunicargli che loro sono molto migliori degli altri, che la società civile e politica lombarda non ha nulla da imputarsi. L'unica colpa è di vivere in città molto ricche che attraggono gli investitori di denaro sporco. 
Ognuno deve trovare i modi con cui riuscire a raggiungere l'obiettivo. La ex prefetta Anna Maria Cancellieri, attuale Ministro degli interni sembra convincente:  "La domanda va posta nei termini giusti: se intendiamo come mafia la cultura mafiosa o lo sfruttamento del territorio per lo sviluppo del capitale. Come cultura omertosa a Milano non c'e' la mafia". "Non c'è la mafia - ha proseguito Cancellieri - nel senso che i cittadini milanesi sono assolutamente consapevoli del  loro diritto di cittadini e non soggiacciono alle prevaricazioni e denunciano, c'è una forte capacità di reazione. Non c'è la cultura di una popolazione assuefatta a fenomeni che purtroppo in altre zone del territorio hanno anche storie diverse. Sotto il profilo dell'omertà e della diffusione del controllo minuzioso del territorio, a Milano non c'è. A Milano c'è invece, come in altre parti ricche del Paese e d'Europa, perché il fenomeno non si ferma qui, si sta sviluppando anche in altri Paesi europei, un fenomeno di utilizzo del denaro conquistato dalla mafia per gli investimenti. E  naturalmente questi sono territori meravigliosi, appetibili, dove c'è ricchezza e capacità di produrre, e in questo  senso c'è un problema. Io distinguerei, sono temi che vanno chiariti bene".
Si cerca di far passare il concetto che, siccome le persone del nord denunciano, la mafia non esisterebbe e che le recenti indagini e condanne sono nei fatti eventi fisiologici per una società ricca. Si delinque, si denuncia e si condanna. Routine al nord. E poi sembra che si voglia far credere che al nord non si raccolga il denaro che verrà investito nelle stesse ricche città e che quindi siano marginali i fenomeni di spaccio, usura, reati ambientali, racket. Al nord si investono i capitali raccolti chissà dove. La recente operazione Redux Caposaldo, che portò allo smantellamento del clan Flachi, ci racconterebbe fatti microscopici, poco replicabili in altri quartieri, come per via Montello 6, casa di proprietà dell'Ospedale Maggiore, nella quale il clan Cosco per anni ha ricosso gli affitti da negozianti e cittadini. Oppure il racket di Niguarda, oppure per ciò che si è letto per il fortino di viale Fulvio Testi. Ma anche in via Iseo. Parrebbe del tutto normale che senza l'ombra di una denuncia, un clan colonizzi una società sportiva fino a costringere il Prefetto, dopo gli arresti, a chiedere al Comune di rescindere il contratto di utilizzo dell'area su cui svolgeva la sua attività. Poi, a settembre, arriva la vendetta, e la palestra viene bruciata. Nulla. Routine a Milano. 
Purtroppo con queste dichiarazioni, apparentemente dotte, si ottiene, involontariamente, il risultato di sgretolare il lavoro paziente di chi negli anni passati, nei mesi scorsi, ha lanciato messaggi importanti alla città. Ricordiamoci ancora una volta le parole di Ilda Bocassini del 2 luglio 2010: "Abbiamo riscontrato il totale assoggettamento del tessuto sociale, degli imprenditori e dei commercianti coinvolti nelle estorsioni... E’ preoccupante. O si sta con lo Stato, o contro lo Stato. La procura sarà durissima. Nei casi borderline, dove non si capisce bene il ruolo delle vittime, la magistratura sarà molto rigida. Quando c'è connivenza la linea della Procura sarà durissima. Non si possono avere alibi.” Delle centinaia di imprenditori lombardi esorti, infatti, neppure uno ha denunciato qualcosa. Le indagini sono state quindi ancora più difficili, potendosi basare esclusivamente sulle intercettazioni ambientali e telefoniche. 
L'omertà è la condizione con cui la società criminale si mantiene in vita quando è regola rispettata dai suoi componenti.  C'è l'omertà del gruppo criminale, c'è l'intimidazione, la minaccia, la violenza con cui ci si procaccia gli affari. L'omertà per paura o per convenienza (ben peggiore) di chi viene in contatto con le mafie è altra cosa. Il cittadino che acquista la droga, quello che guida il camion che sversa, il politico che fa finta di non capire, l'imprenditore che non denuncia la scavatrice bruciata, il commercialista che non si fa troppe domande, sono anch'essi funzionali all'attività criminale. Diventano strumento fondamentale senza il quale le mafie non potrebbero avere un giro d'affari che si attesta sui 120 miliardi di euro l'anno e che danneggia la nostra società ed economia in maniera devastante.