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2 giugno 2015

Milano da traino anche sul regolamento delle lobby. Si parte, al fianco di Transparency!

In Italia il lobbying, o lobbismo, ha accezione negativa. Il lobbista viene spesso considerato un faccendiere, magari un massone, probabilmente una persona che ha intenzione di corrompere qualcuno .
Eppure negli States è pratica accettata e normata. Così come nel Parlamento Europeo, con l'istituzione di uno specifico registro.
In Italia non esiste ancora una regolamentazione legislativa specifica sul lobbying, nonostante dalla nascita della Repubblica siano stati presentati più di 50 progetti di legge. Ora ci proviamo a Milano, su mia proposta, partendo dall'audizione nella commissione Trasparenza - Referendum - Agenda digitale di Transparency International, autrice a livello europeo di diverse azioni di sensibilizzazione e in Italia di un report, da cui ho tratto diverse notizie e proposte, presenti in questo post.

Il lobbismo è un fenomeno già molto diffuso e il termine italiano più nobile per descrivere i gruppi organizzati o i loro rappresentanti che svolgono tale attività al fine di influenzare le decisioni pubbliche, è quello di portatori di interesse. "E' un fenomeno estremamente diffuso" sostiene Transparency "ma al tempo stesso difficile da conoscere: tutti sanno che esiste, eppure continua ad essere impossibile, o quantomeno molto difficile, affermare con precisione chi svolge tali attività, nei confronti di chi, con quali mezzi ed obiettivi". Ed ancora: "... se svolta secondo criteri di integrità e trasparenza, quella del lobbying è un’attività del tutto legittima".

Transparency chiede un registro dei lobbisti, chiede che i percorsi deliberativi siano assolutamente trasparenti, indicando anche gli incontri propedeutici che sono stati compiuti. Chiede di normare il conflitto di interesse e il cosiddetto fenomeno delle porte girevoli (revolving doors o pantouflage), dirigenti o politici che una volta avuto poteri autoritativi decisionali vengono assunti dalle aziende sulle quali hanno esercitato la loro funzione. Transparency, infine, chiede anche una fase di latenza tra l’essere parlamentare o ministro e il far parte di una lobby.
Le proposte sono facilmente traslabili anche per un ente locale e sono convinto che anche l'Amministrazione comunale sia oggetto di attenzioni da parte di gruppi di interesse lobbystici e si debba porre questo tema individuando soluzioni efficaci. Oltre alle lobby legate alle associazioni di categoria, per un ente locale come un comune, sarebbe importante normare i rapporti con i comitati di quartiere o i comitati specificatamente nati su una questione circoscritta. Proprio per valorizzarne il loro ruolo penso sia importante rendere formale la loro costituzione, attraverso uno specifico albo, individuando le persone che fanno parte del comitato iscritto all'albo, gli obiettivi che si pone e le persone che possono rappresentarlo. Se un comune non è indenne da pressioni è la Regione molto più esposta al fenomeno e attualmente assolutamente indifesa. Milano da traino anche sul regolamento delle lobby? Me lo auguro!
Intanto ricordo che il Pd Mteropolitano ha fatto in questo senso qualcosa di molto importante. Il gruppo legalità che ho costituito ne è stato promotore. Proprio per incidere anche su questo tema si è deciso che i candidati alle amministrative contenessero i costi della campagna elettorale e rendicontassero in diretta le spese e tutti i finanziamenti superiori a 100 euro indicando nome e codice fiscale del finanziatore.  E' stato inoltre proibito il sostegno economico da parte di concessionari o gestori di pubblici servizi che abbiano, nei cinque anni precedenti, ottenuto provvedimenti per i quali il candidato, se amministratore uscente, abbia svolto una funzione decisionale o istruttoria. Ogni candidato si è anche impegnato a non ricevere finanziamenti, diretti o indiretti, e altre forme di sostegno da associazioni, fondazioni, centri studio e altri enti che non rendano pubblici tutti i finanziamenti ricevuti.  Si prosegue con coraggio e innovazione, 


Le raccomandazioni che Transparency offre al parlamento e sono sostenute anche da una raccolta di firme online riguardano diversi punti:
L’istituzione, da parte del governo, di un registro pubblico dei lobbisti, garantito da un’autorità super partes, come ad esempio l’Autorità Nazionale Anticorruzione
L’apertura al pubblico del processo legislativo, soprattutto nelle primissime fasi dell’iter normativo e nella fase cruciale in cui le proposte di legge passano nelle Commissioni Parlamentari: due fasi salienti che però non sono pubbliche.
L’obbligo per i parlamentari di rendere pubblici i dettagli degli incontri con lobbisti e gruppi di interesse, oltre ad un maggiore controllo e alla trasparenza degli accessi al Parlamento e ai Ministeri, che devono essere registrati e resi pubblici.
L’introduzione di un Freedom of Information Act, che garantisca libero accesso ad ogni informazione e ai documenti prodotti e detenuti dalla pubblica amministrazione, comprese ovviamente le informazioni inerenti le attività di lobbying.
La regolamentazione del cosiddetto fenomeno delle “porte girevoli” (revolving doors) che includa anche l’attività di lobbying, e in particolare l’introduzione di “periodi di attesa” (cooling-off periods) per i membri del Parlamento, del Governo e gli alti funzionari pubblici, durante i quali non può essere loro consentito di effettuare attività di lobbying nei confronti dell’istituzione in cui hanno svolto le proprie funzioni precedentemente.