In realtà la magistratura giudicante e anche quella requirente o inquirente dovrebbero essere più permeabili. Per esempio dovrebbe essere molto più semplice per un avvocato di esperienza, svolgere le funzioni di un magistrato. L'esperienza professionale come difensore, anche di parte civile, garantirebbe sì un maggior meticciato di culture, storie e sensibilità.
Inoltre, individuerei nella riforma della custodia cautelare un elemento di debolezza nelle garanzie che si devono assolutamente offrire all'indagato. Mi pare incomprensibile che le esigenze di custodia cautelare in carcere o ai domiciliari, possano essere accolte o meno a distanza anche di qualche mese dalla richiesta. Un conto è una convalida d'arresto. Un altro conto una richiesta che, per la sua complessità viene valutata a distanza di tempo. Magari anche quando è stata rigettata una prima volta e la segretezza dell'indagine è chiaramente venuta meno. Oppure quando la richiesta di misura cautelare, giunge al termine di una indagine in cui era già stato emesso un avviso di garanzia.
Puntare sulla separazione, in realtà, non raggiunge l'obiettivo per cui viene pensata e offre il fianco a chi desidera che i pubblici ministeri, all'americana, escano dalla definizione di potere autonomo e indipendente, rientrando sotto il controllo della politica. Chi desidera questo sta cercando anche di superare l'obbligatorietà dell'azione penale. Principio sacrosanto, da garantire con un adeguato supporto di uomini e mezzi, da sostituire, secondo i fautori della separazione delle carriere, con la possibilità di individuare quali reati perseguire per primi.
Priorità anche in questo caso decise dalla politica, che rischia di essere un potere straripante, che influenzerà il servizio della giustizia, minando coì l'architrave delle civiltà più evolute: la separazione e l'autonomia dei tre poteri dello Stato: legislativo, esecutivo e giudiziario.