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31 luglio 2019

Il patto, la burocrazia e gli effetti contraddittori nella lotta alla mafia

La firma del Patto per il rafforzamento della prevenzione ai fini antimafia tra la Prefettura di Milano e il Comune di Milano, siglato lo scorso 2 di aprile, potrebbe avere il paradossale effetto di azzerare le richieste di informativa antimafia per gli esercizi pubblici a Milano.
Erano state 14 in un anno nell'intera città metropolitana. Da allora nessun'altra interdittiva emessa.
L'ultima è stata quella che hanno ricevuto i gestori della gioielleria di via Cavallotti, a metà marzo 2019. Tra l'altro oggetto anche di una misura di prevenzione da Palermo (foto sopra).
Tutto nasce dall'esigenza, così come viene evidenziata dall'articolo 7 del Patto, di aggiornare la modulistica per l’avvio e per il subentro nelle attività commerciali, "affinché nella stessa sia richiesto alle imprese di fornire tutte le informazioni, le dichiarazioni, le attestazioni, i documenti necessari per poter trasmettere la eventuale richiesta di informazione antimafia...".
Le mie forti perplessità, proprio in relazione a questo articolo, le avevo già inviate a inizio febbraio via mail e successivamente comunicate in aula e durante una commissione consiliare.
Le informative richieste dalla PA utilizzano la piattaforma Siceant. La richiesta deve essere corredata dal nome dei conviventi di chi ne è oggetto. Fermo restando che la pubblica amministrazione sa bene chi siano i conviventi dei titolari degli esercizi pubblici, il paradosso è che se questi non vengono indicati, nell'allegato alla presentazione della SCIA, nessuna richiesta di interdittiva potrà essere inviata. 
Non è finita, però. La compilazione del modulo è facoltativa: "Sarebbe illegittimo qualunque nostro provvedimento teso a condizionare la validità di una Scia commerciale alla mancata presentazione di documenti o dichiarazioni non espressamente richiesti dalla normativa nazionale o regionale".
Quindi, nonostante il Comune possa sapere chi siano i conviventi di chiunque, attraverso l'anagrafe, se il mafioso decide di non indicarli sul modulo, non solo evita il penale per falsa dichiarazione (nel caso gli fosse venuto in mente di mentire), ma la SCIA prosegue uguale il suo iter. 
Potevo non dirlo pubblicamente così anche i mafiosi lo avrebbero compilato? Sì. Ma chi mi garantiva invece che non sarebbe accaduto il contrario? E cioè che si diffondesse la voce che il modulo fosse facoltativo solamente in quel mondo?
Preferisco lo sappiano tutti piuttosto che lo sappiano solo alcuni.
Secondo elemento, forse più grave del precedente: chi ha presentato scia prima che l'apposito modulo venisse messo online (il 15 luglio u.s.) non potrà mai più essere oggetto dalla richiesta di informativa Antimafia.
Qui la burocrazia si avvita su sé stessa in maniera preoccupante: "Nel caso in cui la dichiarazione non venga allegata alla Scia non è possibile richiedere l’informativa alla Prefettura, in quanto la richiesta dell’informativa consiste proprio nell'inserimento dei dati dei familiari conviventi nell'apposita sezione del portale Siceant. Per le Scia precedenti all'integrazione della modulistica, non disponendo delle informazioni necessarie (dati dei familiari conviventi) non ci è possibile chiedere l’informativa alla Prefettura".
Proprio questo aspetto era stato oggetto delle mie proteste e preoccupazioni.
Spero nelle prossime settimane si trovi una soluzione, perché una sentenza del Consiglio di Stato, che ha legittimato la richiesta delle Pubbliche Amministrazione dell'informativa antimafia per gli esercizi pubblici*,  non può essere disattesa dalla modulistica carente. E un protocollo deve andare oltre la legge non può limitarla.
Quindi nessuno spartiacque tra un prima di intoccabili e un dopo.
Nessuna modulistica può bloccare la richiesta di informativa. La Regione dovrà modificare la legge, mentre per i conviventi li troviamo noi e li inseriamo autonomamente nella piattaforma. Chi, invece, magari nel frattempo, decide di non compilare il modulo: controlli doppi, si avvii anche una segnalazione di operazione sospetta ai fini antiriciclaggio.

Articolo comparso su Il Fatto quotidiano.


* Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) Pubblicato il 09/02/2017 N. 00565/2017REG.PROV.COLL. N. 07324/2016 REG.RIC. registro generale 7324 del 2016, proposto dalla Provincia di La Spezia
Comune di Vezzano Ligure relativo allo scarico di acque reflue industriali
La tendenza del legislatore muove, in questa materia, verso il superamento della rigida bipartizione tra comunicazioni antimafia, applicabili alle autorizzazioni, e informazioni antimafia, applicabili ad appalti, concessioni, contributi ed elargizioni. 6.3. Questo tradizionale riparto dei rispettivi ambiti di applicazione, tipico della legislazione anteriore al nuovo codice delle leggi antimafia (d. lgs. n. 159 del 2011), si è rilevato inadeguato ed è entrato in crisi a fronte della sempre più frequente constatazione empirica che la mafia tende ad infiltrarsi, capillarmente, in tutte le attività economiche, anche quelle soggetto a regime autorizzatorio (o a s.c.i.a.), e che un’efficace risposta da parte dello Stato alla pervasività di tale fenomeno criminale rimane lacunosa, e finanche illusoria nello stesso settore dei contratti pubblici, delle concessioni e delle sovvenzioni, se la prevenzione del fenomeno mafioso non si estende al controllo e all'eventuale interdizione di ambiti economici nei quali, più frequentemente, la mafia si fa, direttamente o indirettamente, imprenditrice ed espleta la propria attività economica