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17 dicembre 2019

Legalità, mi piace! Dal questionario di Confcommercio un'utile scambio per consolidare un'alleanza contro mafie e riciclaggio

1100 imprese hanno risposto al questionario che Unione Confcommercio ha distribuito tra settembre e ottobre 2019. Erano state 5000 nel 2014. Allora le risposte giunte via posta. Oggi online. Le risposte confermano una lettura. Le denunce di atti di intimidazione o richieste concussive poche. "Troppo poche!" secondo Mario Peserico vice presidente di Unione Confcommercio. L'usura rimane un reato poco denunciato. Diminuito, lievemente, il numero di imprenditori che hanno dichiarato di aver subito minacce o intimidazioni: da 11,9% al 9,7%. Diminuiti, lievemente, anche i fenomeni di corruzione e concussione: il 9,4% di chi ha risposto nel 2014, ha dichiarato di "aver dovuto mediare tra i propri interessi legittimi con gli interessi illegittimi di funzionari pubblici o politici". Nel 2019 l'8,3%.

Migliorata nettamente la percezione sulla sicurezza nel proprio quartiere. Il 18,2% ha dichiarato sia aumentata. Il 67,7% invariata. La somma, 85% è maggiore di quella del 2014: 77%.
Il questionario è uno strumento importante per parlare di estorsione e usura, corruzione e concussione, presenza della criminalità organizzata (considerata un problema molto inferiore a quello dell'immigrazione clandestina). Non c'è però una domanda su riciclaggio e concorrenza sleale. Cioè sulle cause endogene dei problemi delle imprese milanesi. Ed è su questo che ho rappresentato a Mario Peserico la mia prima richiesta: nel prossimo questionario ci sia anche questo termine e gli antidoti da sollecitare.
Peserico, tra l'altro, su specifica mia richiesta, ha detto che nessuno sportello deve chiudere. E' vero che le vittime di usura e estorsione si recano più facilmente nelle sedi decentrate dell'associazione, ma l'esperienza di Milano deve proseguire.
Su questo argomento ho chiesto anche che Confcommercio rilanci assieme alla Pubblica Amministrazione il Protocollo siglato in Prefettura su Usura e estorsione.
Un'ultima questione, per me fondamentale è stata affrontata: l'efficacia delle interdittive antimafia nel commercio.. 
Nel corso del 2018 fino a oggi 14 locali sono stati chiusi con un'interdittiva antimafia. L'ultimo ad aprile: la gioielleria di via Cavallotti oggetto anche di sequestro da Palermo. A inizio aprile viene siglato un patto tra amministrazione comunale e Prefettura proprio sul tema interdittive. Il Comune sa parecchio e potrebbe contribuire come ha già fatto nel passato a chiudere i locali oggetto di tentativi di infiltrazione mafiosa. Avanzando con le competenze di uffici e Polizia Locale anche proposte di misure di prevenzione personale che portino addirittura al sequestro dei locali. Nel patto però si dice che per chiedere una informazione antimafia alla Prefettura da lì in poi dovrà essere compilato un documento: la dichiarazione sui conviventi. Da quando il documento è comparso, ad oggi, nonostante non ci sia scritto da nessuna parte che la sua compilazione sia facoltativa, solo il 60% delle persone che presentano la Scia lo compilano. Come fanno già a sapere che sia facoltativo e perché non lo compilano? La seconda risposta purtroppo sembra facile: vogliono essere liberi da controlli antimafia. Non vogliono avere rogne. Infatti, in assenza di tali documenti non si può avanzare una richiesta. E allora. Su chi indagheremo? Mi si dice che su casi specifici questa procedura possa essere evitata. Accetto la sfida. Sto preparando una richiesta di informativa antimafia su due locali. Le evidenze da Scia, visure camerali, fonti aperte indagini pregresse, lascia parecchi sospetti. Il mio appello a Confcommercio è semplice: invitiamo tutti a compilare quel modulo. Più saranno meglio è. Chi non ha nulla da temere non deve aver paura a dichiarare i propri conviventi. Vorrà dire che i controlli li faremo su chi non lo presenterà. Anzi su quei pochi che non lo faranno, così io auspico, invieremo una comunicazione per operazione sospetta a rischio riciclaggio alla Uif, inserendo un indicatore specifico oltre a quelli già individuati. Oppure, assieme a Confcommercio chiederemo di cambiare le regole, interloquendo con Camera di Commercio e Prefettura.
Ci sono molte cose da fare. Si prosegue assieme.

* Era il 24 luglio 2018, il Corriere della Sera titolava: «Proprietà lampo e affari sporchi: la mala-movida rovina il settore». Interrogati dalla giornalista Sara Bettoni nel giorno della chiusura del Dom di Corso Como le parole di alcune figure di riferimento del commercio milanese lasciano senza fiato: Valerio Tedaldi, titolare della discoteca «11Clubroom» si lamenta dei ritardi delle autorità ma non dice se abbia fatto segnalazioni o meno. Erwan Maze, a capo dell'associazione dei commercianti di zona di Porta Ticinese sostiene che non è suo « compito segnalare alle forze dell'ordine. Sono un cittadino, non un gendarme e non posso fare indagini». Micaela Mainini bar Giamaica cosciente del problema come lei lo individua per Corso Garibaldi dice: «Prima di tutto non abbiamo documenti o prove da presentare e poi ciascuno si chiede: "Chi me lo fa fare?"». Fabio Acampora invece di Asco Arco della Pace, è disarmante In 23 anni di carriera «non mi sono mai arrivate segnalazioni di situazioni illecite. Ma la criminalità organizzata è presente».
E' un dovere lavorare perché queste dichiarazioni, come altre fatte in questi anni, rappresentino ciò che è stato e da cui si è oramai preso, nettamente, le distanze.